I dati personali sono una risorsa estremamente preziosa: se ne sono rese conto le Big Tech, che attraverso i cookies (o soluzioni simili, al momento fallite) traggono benefici economici di enormi proporzioni. E se invece delle aziende a guadagnarci fossero gli utenti stessi del web? Non è un'utopia, perché in Brasile l'idea si è trasformata in un progetto concreto portato avanti da Dataprev, azienda pubblica del ministero per la Gestione e l'Innovazione dei servizi pubblici, in collaborazione con la statunitense DrumWave.
COME FUNZIONAIn pratica, ciascuno può creare un account di risparmio digitale all'interno del quale depositare i dati generati dalle loro attività sul web che intende vendere a soggetti terzi (le aziende). La propria impronta digitale si trasforma così in asset economico, "con potenziale monetizzazione e partecipazione ai benefici generati dall'investimento in tecnologie come i modelli linguistici di intelligenza artificiale (LLM) basati sull'uso consapevole e autorizzato delle informazioni personali".
Dataprev ritiene che questo sia uno strumento atto a perseguire l'equità digitale "riconoscendo il valore intrinseco dei dati di ciascun cittadino":
- trasparenza sull'uso dei dati personali
- partecipazione attiva della popolazione all'economia digitale utilizzando i dati come capitale di investimento
- generazione di reddito
I dati in questo modo torneranno nelle mani dei cittadini che decideranno poi cosa fare delle loro informazioni personali salvate sul wallet digitale in completa autonomia. "Il Brasile ha deciso che i suoi cittadini dovrebbero avere diritti di proprietà sui propri dati", spiega il membro del CdA di DrumWave Brittany Kaier. Per ora la fase sperimentale vede il coinvolgimento di un ristretto numero di persone: navigando sul web gli utenti potranno decidere di volta in volta se fornire i loro dati o meno. Nel primo caso andranno a confluire nel wallet, e i guadagni ottenuti potranno essere immediatamente trasferiti sul conto bancario. Nel secondo caso i dati non saranno venduti e dunque le aziende non potranno utilizzarli.
ALCUNI DUBBIC'è chi definisce questa sperimentazione un modo per perseguire un'economia digitale più equa, c'è invece chi teme che la mercificazione possa portare ad un aumento del prezzo dei dati, rendendoli così accessibili solamente alle aziende di grandi dimensioni e tagliando fuori tutte le realtà più piccole. Il divario digitale potrebbe poi crescere - e non diminuire - laddove sono presenti estese aree rurali con difficoltà di accesso al web.