Westinghouse, storica società della Pennsylvania attiva nel settore nucleare, si prepara a un progetto ambizioso: realizzare dieci nuovi reattori da 1.000 megawatt ciascuno entro il 2030.
Il piano, tuttora supportato da incentivi federali e un percorso autorizzativo accelerato, prevede una spesa stimata in circa 70 miliardi di euro, una cifra che ha già sollevato dubbi tra le utility statunitensi. Il precedente dei reattori AP1000 di Vogtle, in Georgia, rimane una ferita aperta: i costi sono infatti raddoppiati rispetto alle previsioni iniziali di circa 13 miliardi di euro, con ritardi significativi nella messa in opera.
Eppure, Dan Sumner, amministratore delegato ad interim di Westinghouse, è fiducioso. L’azienda, sostiene, ha ora l’esperienza, la filiera produttiva stabile e una tecnologia matura per evitare gli errori del passato. Il modello AP1000, già operativo in Cina e autorizzato in vari Paesi, sarà il cuore dell’intera operazione. “Possiamo realizzarli tutti noi”, ha dichiarato Sumner, sottolineando come la costruzione modulare rappresenti un vantaggio competitivo decisivo.
La strategia prevede un forte coinvolgimento di attori tecnologici e industriali, incluse le cosiddette “hyperscaler”, ossia grandi aziende del settore tech, che vedono nel nucleare una possibile risposta alle crescenti esigenze energetiche dei data center e delle infrastrutture AI. Westinghouse è in trattative dirette con l’Ufficio dei programmi di prestito del Dipartimento dell’Energia, consapevole del ruolo chiave del finanziamento per la riuscita del progetto.
Il contesto competitivo gioca a favore dell’azienda statunitense. La concorrenza internazionale, infatti, è fortemente limitata da considerazioni politiche: i fornitori russi e cinesi sono esclusi dal mercato statunitense, la francese EDF ha abbandonato da tempo il segmento dei grandi impianti negli USA, e la coreana KEPCO non ha ancora esperienza diretta nel mercato nordamericano. Solo GE Vernova propone una strada alternativa, concentrandosi però sugli SMR (Small Modular Reactors).
Proprio questi reattori modulari stanno guadagnando consensi tra le utility. Società come NuScale e Holtec International propongono soluzioni flessibili e con rischi economici più contenuti: due o tre unità SMR da 320 MW ciascuna potrebbero eguagliare, o addirittura superare, le prestazioni di un reattore tradizionale, riducendo al contempo i tempi e i costi di costruzione e gestione.
Kelly Trice, presidente di Holtec, ha sottolineato come la loro tecnologia possa competere direttamente con i grandi impianti. La promessa è quella di una transizione energetica più sostenibile anche dal punto di vista economico, in un mercato dove i regolatori statali possono ancora bloccare o ritardare investimenti miliardari.