ZEISS e VIVO: Siamo entrati nei laboratori per scoprire i segreti dietro alla partnership

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HDblog.it Jul 11, 2025 · 9 mins read
ZEISS e VIVO: Siamo entrati nei laboratori per scoprire i segreti dietro alla partnership
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Ho vissuto per 24 ore in una cittadella di 8000 abitanti con all'interno una sede storica, quella di ZEISS GROUP, specificatamente la sezione OPTICS. Il dato comico? I dipendenti che lavorano nelle varie sedi ZEISS sparse per tutta la cittadella sono più degli abitanti stessi del comune tedesco. Mi trovavo ad Oberkochen, dove c'è per l'appunto la sede principale di ZEISS, per scoprire i segreti dei loro laboratori e come riescono ad applicare le loro conoscenze all'interno del panorama smartphone, con la loro partnership ormai quinquennale con Vivo.

Come mio compagno di viaggio ho avuto la fortuna di avere l'X200 FE, il nuovo top di gamma compatto dell'azienda cinese. Parliamo di un Vivo X200 Pro Mini "occidentalizzato": sparisce l'oblò a favore di un modulo fotografico alla "iPhone", ed un po' tutto lo smartphone ricorda da vicino. Nulla di male, soprattutto poiché reputo una saggia scelta quella di aver atteso e proposto un design più avvezzo alle nostre latitudini. Gli oblò non piacciono quasi a nessuno ed i tanti commenti satirici sul fatto che tali smartphone sembrino delle "lavatrici" ne è l'esempio lampante.

Torniamo a noi però: camminare per le strade di Oberkochen è surreale, dal momento che quasi tutta la cittadella vive attorno a ZEISS ed ai suoi tanti rami, tra i quali i laboratori di R&D, ricerca e sviluppo, specifici per gli smartphone. ZEISS è da anni nel mondo della fotografia da smartphone, chi possedeva un Nokia se lo ricorderà, e parlando con Olivier Schindelbeck, "Senior Smartphone Technology Manager" per la divisione ZEISS Photonic & Optics, abbiamo ottenuto alcuni feedback degni di nota.

Per quanto possa sembrare un "small business", la fotografia da smartphone, per una azienda della caratura di ZEISS, in realtà negli anni li ha aiutati tantissimo a restare al passo coi tempi, capire ed apprendere molte lezioni dalla fotografia computazionale e capire soprattutto cosa ricerca il pubblico. Soprattutto, la nostra impressione dopo aver parlato con Olivier ed altre figure specializzate, è stata quella che negli smartphone Vivo il logo "ZEISS" non è soltanto un "adesivo appiccicato", ma è molto di più.

ZEISS è un brand storico tedesco, ha fatto la storia della fotografia, troviamo le loro ottiche nei migliori film, sono state sfruttate per registrare l'allunaggio, l'attrezzatura firmata ZEISS ha permesso a molte figure storiche di vincere NOBEL e trovarsi a collaborare con Nokia ai tempi, un brand con la "stessa filosofia occidentale", rispetto ad un brand asiatico emergente, è tutto un altro paio di maniche.

Se avete mai avuto modo di provare uno smartphone orientale lo saprete, appena aperta la fotocamera siete sommersi da filtri bellezza, elaborazioni digitali completamente "distorte" per i nostri canoni, con volti sbiancati e spesso addirittura con lineamenti stravolti. Prima di una questione di "gusto", è un fattore culturale. Unire due brand, uno storico occidentale e l'altro asiatico, emergente, non è assolutamente una cosa banale.

Qui notiamo come invece le due aziende parlano "la stessa lingua", quella della fotografia. Sì, gli smartphone Vivo permettono comunque di avere filtri bellezza o quegli effetti di sfocato artificiali eccessivi, ma con la classe e lo stile ZEISS, copiando ad esempio il bokeh delle più famose lenti ZEISS. Inoltre, gli smartphone occidentali hanno una elaborazione con un "tuning" leggermente differente, così da essere più apprezzabile alle nostre latitudini, seppur per ZEISS la fotografia è chiaramente il RAW, non il JPEG pre-elaborato dallo smartphone.

Questo perlomeno per i loro prodotti di punta, chiaramente, difatti anche lo stesso Olivier ci ha confessato di come lui si senta più un "fotoamatore" che un esperto e che spesso preferisce uscire con in tasca uno smartphone come il Vivo X200 Pro rispetto ad una fotocamera professionale con i quali tempo di sistemare tutti i parametri si è già perso l'attimo, o banalmente è molto più pesante e costringe a portarsi dietro molte lenti, per coprire le focali che ormai offre un cameraphone.

Ma la realtà dei fatti, come ci ha continuato a raccontare Olivier, è che le due strade sono parallele, spesso molto vicine, ma non convergono mai. Lo smartphone per i professionisti è una naturale estensione della loro attrezzatura, un extra che spesso può avere validità simile a molti corpi macchina, soprattutto se si scatta con focali corte, e soprattutto è una manna dal cielo in viaggio. Avere il lusso di poter viaggiare in tasca con un sensore da un pollice e delle fantastiche lenti, con anche un incredibile teleobiettivo quasi da un pollice anch'esso, è una rivoluzione se pensiamo a qualche anno fa.

Tornando ai laboratori, però, ciò che ha impressionato più di tutto è la presenza umana, o perlomeno, l'assenza di "AI" e robotica ovunque. Qui si respira la fotografia di un tempo, l'artigianato, seppur le strumentazioni si siano nel tempo aggiornate come anche le conoscenze delle persone che lavorano ogni giorni in tali ambienti. Fa scalpore la notizia, proprio di qualche giorno fa, di un concorso di foto AI vinto da una foto reale, spacciata per AI ad inizio concorso così da far vedere a tutti che l'abilità umana, la strumentazione che abbiamo a disposizione, fa ancora la differenza.

I test sono "vecchia scuola": da simulazioni di campo, in questo caso laboratorio, si ottengono dati. E da questi dati cosa si fa? Si crea un ponte con Vivo, con i laboratori che abbiamo visitato ad ottobre dell'anno scorso in Cina. Quelli erano molto più all'avanguardia, ma d'altronde dai cinesi non ci saremmo aspettati diversamente, con robot che vagano per i laboratori ed estrapolano e valutano dati in autonomia. Le macchine però non possono ragionare come noi, e se avete provato anche soltanto qualche volta i vari chatbot come ChatGPT, Gemini, Copilot e via dicendo ve ne sarete chiaramente accorti. Qualcuno, come Claude con Sonnet e Opus 4.0, ha fatto enormi balzi avanti "nell'umanizzare il testo", ma siamo comunque in alto mare.

Questi test umani sono quindi essenziali, la valutazione di cosa è giusto e cosa è sbagliato. Seppur infatti in Cina arrivi soltanto un report di dati, con al massimo correlato una breve descrizione di ciò che va migliorato, come l'autofocus, il poter tarare l'ottenimento di questi dati in base all'esperienza umana è essenziale.

Ci ha poi colpito un particolare fattore: ZEISS si fa spedire regolarmente da Vivo una serie di fotocamere, come quelle del V50 che vedete nella foto ad esempio. Questo avviene prima della produzione su larga scala, poiché ZEISS prima di mettere il proprio logo, la propria firma, si vuole accertare che ci sia uno standard qualitativo elevato. C'è quindi anche una seconda fase di questa collaborazione, ovvero un check fisico di cosa esce dalle fabbriche cinesi.

ZEISS impone un certo standard, poiché i sensori differiscono tutti leggermente, ma dopo essere testati in laboratorio vengono rispediti in Cina quelli che hanno sorpassato i rigorosi esami di laboratorio. Nel caso di batch con troppi esempi difettosi scatta l'allarme, così da evitare ad esempio i banana gate che hanno afflitto altri brand in passato.

Potremmo dire che tale controllo è anche essenziale per evitare che magari dall'altra parte si cerchi di andare al risparmio, magari dirottando su una serie medio gamma come quella dei V50 una serie di sensori "più scarsi". Quando vedete quel logo "ZEISS" avete una sorta di garanzia indiretta che avete a bordo uno dei migliori sensori usciti dalle fabbriche cinesi, un aspetto non da poco!

Non abbiamo potuto accedere ai processi di creazione del coating, anche perché tutto ciò avviene ormai direttamente nelle fabbriche in Cina, dove per l'appunto si creano i sensori e le lenti, processo che compete a Vivo e non a ZEISS, ma la formula è proprio quella vincente del brand tedesco. Il coating ZEISS T* viene applicato per l'appunto alle lenti principali delle fotocamere degli smartphone Vivo e questo permette di avere un grandissimo vantaggio.

Qui ci hanno dimostrato un esempio molto lampante ma evidente: un X80 con e senza coating a confronto dove sul primo non si aveva quasi alcun flare e riflesso, mentre sul secondo tutta la scena ne era invasa. Alcuni potrebbero trovare determinati giochi di luce anche artistici, ma nel computo totale di chi utilizza uno smartphone essi sono soltanto una probabile distrazione e difetto, che in questo caso viene corretto con il coating.

Ovviamente anche il coating ha un suo test nei laboratori di ZEISS in Germania e proprio per gli smartphone di Vivo è stata costruita una particolare "black box" motorizzata dove i fasci di luce vengono interpretati da computer e riportati sotto forma di dati, così poi da poter dare feedback a Vivo su come migliorare il tutto, applicare un coating più efficace e via dicendo.

Il nostro giro si è poi concluso nel museo di ZEISS, dove abbiamo potuto ammirare alcune strumentazioni storiche. Il momento forse più interessante di tutto ciò è stato il pranzo dove io, Fjona ed Andrea, gli invitati a questo evento speciale, abbiamo avuto la fortuna di ritrovarci in mezzo a tutte le figure chiave dell'azienda e della divisione Optics & Photonic che ci raccontavano la loro vita, il loro approccio alla fotografia, le motivazioni per le quali era speciale per loro, un momento davvero magico.

Si è parlato di IA, di competitor, di innovazioni come il nuovo doppio periscopio di Huawei (perché come vi dicevo in precedenza, sono molto sul pezzo ed attenti alle innovazioni nel campo smartphone), si è parlato con persone vere e con un bagaglio culturale immenso, un aspetto che spesso manca all'interno delle aziende cinesi, dove si punta spesso soltanto ai numeri ed al raziocinio.

Questa mossa di Vivo, quindi, di legarsi anche a ZEISS, la vediamo anche come una partnership umana, un qualcosa che va oltre la tecnologia, un tentativo di parlare una lingua spesso sconosciuta al di fuori delle mura asiatiche, un tentativo di farsi comprendere meglio e allo stesso tempo comprendere quello che c'è al di fuori "del proprio orto". Ringraziamo Vivo per questa opportunità di scoperta e per averci permesso di condividere con voi cosa c'è dietro questa collaborazione che ormai va avanti da cinque anni. Vi invito a lasciare un commento qui sotto, così da approfondire ancor di più l'argomento con chi fosse interessato!